Cristina Costanzo

Echos

Simone Geraci presenta alle Quam, in occasione della sua prima mostra personale promossa e ospitata dalla galleria di Scicli, importante per ampiezza e qualità, una selezione raffinatissima della sua produzione artistica più recente.
La mostra si sviluppa lungo un percorso espositivo che tiene conto di due componenti essenziali della ricerca dell’artista, l’armonico e il geometrico, in cui si concentra il potere evocativo e comunicativo della sua pittura. È presente in esposizione una triade di opere su ardesia, supporto caro a Geraci e materiale da lui indagato negli anni della formazione all’Accademia di Belle Arti di Palermo, dedicati allo studio della pittura e della sua storia.
Wir del 2019, Die Träumerin del 2018 e Echos del 2017 sono emblematiche dell’interesse dell’artista per l’ardesia, in virtù delle connotazioni fisiche e cromatiche di questo materiale e della sua eccellente risposta alla pittura ad olio, capaci di offrire diversi livelli di lettura dei soggetti scelti.
Echos è un potente notturno del 2017, reso vibrante dal dialogo muto instauratosi tra la figura dormiente e il cielo che minaccioso incombe su di lei, enfatizzato dalla soluzione stessa del dittico che suggerisce la complementarietà e la trasversalità delle immagini; Die Träumerin del 2018, tra le opere più felici dell’artista, è un sensualissimo ritratto femminile dalla sottile velatura malinconica, summa di molti altri lavori di Geraci, derivante dal tema Der Traum, declinato in ritratti dallo sguardo sognante che sfuggono all’osservatore; Senza titolo del 2019 si basa sulla veicolazione di senso, apparentemente incongrua ma di ascendenza dichiaratamente romantica, che può innescarsi tra paesaggio interiore e paesaggio esteriore attraverso il ricorso simbolico al dettaglio di due mani e a un cielo appena rischiarato dalla luna. Già questo gruppo di opere consente di indagare un topos significativo per Geraci, quello del sogno che, esprimendosi nella materia, attraversa il tempo e lo spazio con inusitati slanci poetici che evocano la ben nota citazione de La tempesta di William Shakespeare, “Siamo fatti anche noi della materia di cui son fatti i sogni; e nello spazio e nel tempo d’un sogno è racchiusa la nostra breve vita”.
Oltre a questa selezione di ardesie, la mostra ospita un nucleo cospicuo di opere ad olio su tela e di opere grafiche accomunate da una visione del tempo ferma e immutabile, cui corrisponde la scelta concettuale di un filtro monocromatico come campo d’interesse privilegiato. Questa prospettiva, rappresentata in catalogo dall’opera del 2016 Wir, si era evidenziata con efficacia già nel delinearsi di un periodo rosso dell’artista, iniziato nel 2014 e contrassegnato dalla scelta della lacca di garanza per la sua relazione con il materiale impiegato. Oggi, seguendo un percorso iniziato nel 2015, Geraci presenta gli esiti più recenti della sua riflessione sull’idea di filtro che imbriglia il rappresentato e lo sospende nel tempo. Questa visione abbraccia tutte le opere selezionate per la mostra, che assume così un’importanza fondamentale nel percorso di Geraci e offre al fruitore un’approfondita occasione di conoscenza della sua ricerca e un confronto serrato con le sue opere.
I riflessi lunari, fortemente evocativi, di questa produzione con predominanze di blu, che spesso vira verso i verdi ottani o turchesi, si affiancano al tema dell’apertura su porzioni (e sospensioni) spazio-temporali, date dall’inserimento, tanto scenografico quanto simbolico, di elementi “altri” che comprimono il dinamismo dell’immagine protagonista per elevarla al piano poetico dell’icona. Questi inserti sono sempre equilibrati e minimali ma si impongono come efficaci portatori di senso e di diversi livelli di lettura. Alla presenza di questi inserimenti che guardano alla compostezza della geometria - sono verticali nel ciclo Fall perché allusivi alla caduta, oppure, nel caso delle opere intitolate Echos, sferici per dare l’idea di uno spot che, illuminando, isola scenograficamente e quindi sospende - spetta il compito di riscattare il quotidiano dal pericolo della banalità.
Mai banali le opere di Geraci indagano un complesso campionario sentimentale che ci coinvolge tutti. È il caso di Das Wakuum del 2019, il vuoto appunto. Alla solidità della forma e della composizione dell’insieme non corrisponde la fermezza dell’anima della protagonista che, sola e a figura intera, campeggia sullo sfondo antinaturalistico imponendosi, con grande introspezione psicologica, come allegoria della personale ricerca dell’individuo. Indagine questa, cui l’artista non è estraneo come evidenziato dal forte valore enigmatico delle sue immagini, sodalizio silenzioso e teatrale di figura e paesaggio astratto. Das Geheimnis. Il segreto del 2019 prende le mosse da un evento contingente appena sfiorato dal titolo, movente narrativo che porta l’artista a raffigurare due donne che spingono il proprio sguardo oltre la dimensione di un orizzonte confinato. Emerge la scelta della dualità, vera o presunta, fisica o interiore, della figura a evidenziare come il tema del doppio sia costante nella ricerca di Geraci, che spesso per le sue opere ricorre al titolo Wir (noi) e predilige la soluzione del dittico.
Valore aggiunto della ricerca di Geraci è il porsi in una linea di continuità con importanti maestri del passato. Nella sua ricerca si registra, né viene dissimulata, un’originale citazione della tradizione pittorica, intesa come recupero di un certo saper fare, sviluppato in simbiosi con la conoscenza dei materiali e la consapevolezza della tradizione. La pittura, sottolinea lo stesso Geraci, “è fatta di pigmenti, di delicati equilibri materici, chimici e formali i quali a mio avviso necessitano quasi obbligatoriamente una conoscenza della storia della pittura”. È dunque possibile evidenziare un confronto con diversi autori, come Felice Casorati e Balthus passando per i Preraffaelliti e Joaquín Sorolla y Bastida, nei quali l’artista siciliano riscontra un perfetto connubio di tecnica e poesia.
L’uso consapevole delle tecniche della pittura e dell’incisione, che rendono particolarmente intensa l’esperienza estetica di Geraci, si coniuga alla reiterazione di tematiche predominanti come quella del femminile. Che si tratti del ciclo Fall, Echos, Der Traum o Die Träumerin, che sia soggetto protagonista con una minuziosa e poetica indagine pittorica del volto e in particolare dello sguardo femminile (Der Traum, 2019), fosse anche negato come quando, volgendosi di schiena, la figura mostra solo le spalle al fruitore (Echos, 2018, 2019) estraniandolo dal mondo a cui l’osservatore anela e dal quale è escluso, è la donna, nostalgica, sognante o trasognata (Fall, 2018, 2019; Die Träumerin, 2018) a dare origine all’opera. La donna, modella e musa dell’artista, vergine androgina e insieme femme fatale, esprime il desiderio in tutte le sue forme, dalla passione alla negazione, con citazioni più o meno esplicite alla linea sensuale dell’Art Nouveau. In certa produzione di Geraci a lei fanno spesso da contraltare, quale memento mori, teschi e bucrani come rimando alla Vanitas. A partire da un processo di selezione delle immagini che ricorre a vecchie riproduzioni fotografiche, frutto di lunghe ricerche, Geraci predilige soggetti, quasi nella loro totalità femminili, che abbiano una forte valenza emozionale capace di rimandare a canoni estetici legati al passato e suggerire l’idea del tempo che passa. Questo atteggiamento estetizzante, insieme alla devozione per la poesia e la bellezza, avvicina Geraci (Fall, 2019) ai Preraffaelliti e al mistico candore di Lawrence Alma-Tadema, in particolare, ad opere come A Favourite Custom del 1909, scena ambientata in un frigidarium.
Grazie alle pose classiche e alla gestualità enigmatica di figure misteriose che dominano la superficie pittorica come icone fuori dal tempo ma ricche di contenuti e di senso (da intendersi anche come sensualità), la pittura di Geraci ricompone le ansie dell’avanguardia nelle istanze del Novecento guardando con esiti originali a certo Realismo magico. I suoi volumi solidi, “evocativi e labili” secondo la definizione di Antonio Sarnari, accolgono profili evanescenti e di grande intensità. Nelle immagini oniriche e poetiche di Geraci tornano le atmosfere esplorate da Casorati in opere come Bambina che gioca su tappeto rosso del 1912 e Cynthia del 1924-25 così come la natura enigmatica e misteriosa delle donne, acerbe ed erotiche, di Balthus tra cui Thérèse rêvant del 1938.
Cruciale il rapporto con i classici anche nella tendenza alla monocromia, campo in cui spesso sono le stesse tinte a suggerire gli sviluppi futuri. Nello sguardo che Geraci rivolge al colore come grafia e rapsodia convergono infatti ricerche distanti che abbracciano il luminismo abbagliante delle Marine con figure di Sorolla y Bastida e la solidità cromatica raggiunta da Luigi Russolo in dipinti come Solidità della nebbia del 1912.
La definizione Echos, che si riferisce a una serie di lavori dell’artista, appare particolarmente efficace anche in relazione all’intero percorso espositivo che si propaga come eco silente e attraversa con equilibrata teatralità gli spazi della galleria.
Geraci, che preferisce la definizione di pittore a quello di artista, è fermamente convinto della condizione della pittura come lingua viva, non priva di risvolti narrativi, e come strumento espressivo ancora attuale e capace di grande fascinazione. Nel suo modus operandi è sempre presente, e traspare dalle sue dichiarazioni, il recupero della felicità del lavoro cui si accompagna la dimensione del valore dell’opera per l’opera. Per l’artista, che attribuisce all’opera un linguaggio che non è quello della parola, è di fondamentale importanza la fedeltà al principio secondo cui il messaggio dell’opera è l’immagine stessa e affidare, altresì, le sue immagini silenziose a una genuina e spontanea esperienza diretta di fruizione.

Cristina Costanzo

SIMONE GERACI - ECHOS_a cura di Cristina Costanzo, Quam, Scicli (RG)_2019.