Un sogno lontano, che appare sulla superficie e scompare tra segni e velature monocrome. Uno sguardo sull’orizzonte dell’uomo, sulla sua “melanconia” che diventa meditazione, riflessione e ricerca di relazioni tra individui. Simone Geraci racconta di noi, attraverso una narrazione visiva di emozioni, che prendono forma nel significato più intimo di corpi nudi, dettagli, e sguardi, apparentemente effimeri, privi di ogni riferimenti ossessivi e leziosi, che hanno la capacità di trasportarci lontano, sospesi nel tempo, nella dimensione di un vuoto non greve, ma leggero e poetico che armonizza ogni lavoro. Figure che nascono anche da immagini di archivio, che vengono rielaborate visivamente come “modelli” a cui ispirarsi per costruire le pose da mettere in scena.
Una ricerca quella di Simone costruita con una attenzione particolare nei confronti delle materie e delle tecniche artistiche utilizzate, che costituiscono il filamento genetico cardine e attrattivo di tutto il registro narrativo della sua produzione. Un percorso al contrario, dove la struttura materica, la tecnica utilizzata, contribuisce a dare forma e “peso specifico” all’immagine. Le ragioni della pittura di Simone, appartengono alla (sua) necessità di comunicare, alla possibilità di scorgere nelle scene l’intimità svelata, dove ognuno di noi è realmente quello che è senza censure e morbosità, che la pittura di Simone non asseconda mai. Figure inermi sospese in paesaggi antropizzati, strutture geometriche e linee dello stesso colore monocromo che circondano tutta la scena, siano essi ritratti, oppure scene mitologiche e cicli di storie.
Lavori ad olio su ardesia, su carta, olio su tela, incisioni ad acquaforte su zinco, un ventaglio di materie e tecniche cosi differenti che vengono utilizzate dall’artista per raggiungere lo stesso obiettivo che si compie attraverso percorsi differenti. La monocromia dell’immagine il comune denominatore di ogni lavoro, che cattura ogni sguardo; ogni elemento utilizzato ne diventa il “reagente”, capace di scatenare sulla superficie la giusta risposta estetica e concettuale. Come l’ardesia che si contrappone alla pittura ad olio, alla monocromia delle figure, e diventa antagonista del racconto visivo. Sono immagini intrise di tensioni prospettiche e sensoriali che Simone costringe all’incontro e ne disciplina lo scontro. Come l’utilizzo della tecnica dell’acquaforte, tecnica incisoria indiretta, raffinata e di alta qualità che appartiene ad una tradizione artistica che ha avuto nei secoli passati fino all’età moderna e contemporanea importanti rappresentanti, che Simone utilizza per dar vita ad un segno e disegno concreto, capace di trattenere tra le variazioni cromatiche di ogni segno il fascino di una tradizione che viene reinterpretata senza turbamenti, conservando quei codici visivi che danno vita alla danza di figure presenti che vivono nel senso del
“compiacimento” del segno e della variazione cromatica utilizzata che si manifesta e scompare.
Una pittura romantica, ma nello stesso tempo concreta. Presenza ed assenza, quasi come se Simone sia attratto dal fermare sulla superficie non più il momento immaginato vissuto, che diventa ricordo, ma quello passato inteso come suggestione, essenza stessa del ricordo, che appartiene ormai al silenzio e al fascino della memoria che conserva, restituisce e aggiunge dettagli che appartengono esclusivamente alla sfera del “sogno”, che viene svelato in dettagli, ritratti e figure, compiuti con devozione nei confronti della tecnica.
Osservazioni cromatiche, dove la pittura, gli inserti di ardesia, l’utilizzo delle carte e delle tecniche calcografiche sono connesse, un legame necessario da comprendere che svela il senso più profondo di questa ricerca, che Simone Geraci concepisce senza porsi domande o concedere ragioni e punti di riferimento a se stesso e allo spettatore. Utilizza le sue conoscenze, la sua creatività ed immaginazione poetica, in un dualismo di tecniche e materia che riesce a far convivere.
Basta osservare l’umanità nella sua caducità più intima, per scorgere la capacità del racconto, che è specchio della nostra società. Dove c’è il tempo del dramma e della commedia, della gioia e del dolore, della bellezza effimera e del vero sentimento. È l’eterna sfida delle contraddizioni, dei diversi punti di vista, che Simone “trascrive” con tecniche e materiali differenti, proteggendo i suoi racconti, le sue visioni, da agenti esterni che inducono a disertare il sogno, “immergendo” tutto nella suo mondo monocromatico.
Roberto Sottile